L'alternativa alla luce “ingenua” del giorno, alla sua transitabile (banale) trasparenza, ha condotto da tempo Silvio Lacasella a iscrivere la sua ricerca nell'alveo della “Notte”. E del resto gli esordi di Silvio, vent'anni fa, nella temperie delle sue memorabili acquetinte, dentro e fuori la tradizione romantica e metafisica, non segnalavano già, da subito, una scelta di campo non equivoca? Questi “fogli”, dunque, di Diario notturno, stanno non solo a stemma della mostra presente, ma sono cifra di tutta la sua ars - vent'anni di coerente autoesclusione dalle quotidiane parvenze, e di solitaria auscultazione degli interiori paesaggi della pittura. E verrebbe almeno da chiedersi, davanti a questa persistenza da parte del nostro artista, quanto debba al Notturno la pittura del nostro secolo: dal Grande Metafisico al Silente Bolognese - due estremi assai significativi per Lacasella – fino al Pittore delle periferie e all'Umbro dei sacchi.... Ma non è forse gran parte del Novecento a tributare “inni alla notte”, una volta sopita e conclusa la grande stagione delle impressioni, cioè l'ultima illusione di pittura pittura? In questo senso la proposta di Lacasella equivale a un viaggio a ritroso di chi, sapendone i destini, rivede le vicende della pittura, e le trascrive a memoria, le registra, nelle forme necessarie di Oriente-Occidente: dal verticale del kakemòno fino all'ovale dell'embrione. In una visione totale, cosmica, Lacasella può evocare, come dopo una catastrofe, la ricomparsa degli elementi sovrani: Cielo e Terra, Notte e Monte, Luce e Tenebra, Vento e Quiete. Non per darne una tardiva immagine, ma per attraversarne - infine – le valenze simboliche, così che la fenomenologia delle apparenze sia tutt'uno con l'attesa di apparizione. (Ecco perché nella lotta angelica tra Cielo e Terra, ci coglie tremore per l'imminenza di un evento). (Ed ecco anche perché ci colpisce profondamente l'assenza del Viandante nei suoi paesaggi). Ognuno segue la sua strada: ma, certo, non è agevole trovare oggi una pittura come questa di Silvio Lacasella. Primordiale e postuma - e così affollata di assenze. Nico Stringa 1996